giovedì 8 maggio 2014

FUNERALI ALL'ITALIANA


di Manuel Fantoni


È inutile raccontare cosa sia avvenuto la notte del 3 maggio allo stadio Olimpico di Roma, perché in tanti l’hanno fatto o lo stanno facendo. Mi limito a fare le amare considerazioni del caso.

La prima riguarda il coro che a gran voce si è levato nell’immediato post-partita della finale di Coppa Italia, in altre parole che sono fatti che non appartengono al calcio. Fermi tutti. Quanto visto sabato sera con il calcio c’entra eccome, le curve in Italia comandano, hanno grande potere, partecipano alle decisioni societarie e soprattutto da quest’ultime sono spesso sovvenzionate. Il tanto citato Genny ‘a Carogna non è una anomalia del nostro calcio ma, purtroppo, è la regola e di Genny ne possiamo trovare uno in ogni curva. Come sempre poi la risposta della politica è degna delle peggio comiche, tra chi invoca daspo a vita e le solite pene esemplari quando invece basterebbe applicare alla lettera leggi che già ci sono. Non scordiamo che fu la stessa politica, all’indomani della morte dell’ispettore Raciti, a varare una serie di norme, tra cui i daspo, tessera del tifoso, tornelli, stewards e chi più ne ha più ne metta, che ci dimostrano ogni giorno quanto poco funzionano, visto che non era certamente la prima volta, sabato scorso, che si assisteva a lancio di bengala e bombe carta in uno stadio.

Quello che possiamo constatare è che in questi giorni si è celebrato il funerale del calcio italiano, in declino già da diversi anni per carità, come lo è del resto l’Italia intera. Il requiem è inizato giovedì notte con il sorpasso del Portogallo sull’Italia nel ranking UEFA e si è concluso (speriamo) sabato notte con una finale di Coppa Italia dimenticabile.

Può essere facile retorica, ma lo specchio del paese è davvero il calcio, anzi la finale di Coppa Italia, il caos e mancanza di ordine, la classe dirigente, che assiste dalla tribuna d’onore, imperturbabile ed infine vedetela voi come volete il capo ultrà che decide o che viene informato della situazione. La sostanza delle cose cambia poco poiché il confine tra chiedere il permesso di giocare/trattare o informare sulla situazione del tifoso ferito, rimane molto sottile e soprattutto non lo si vedrà mai in nessun paese civile. Così come non si è mai visto uno stadio intero che fischia il proprio inno nazionale.

Cosa succederà domani? Se fossimo un Paese serio, di fronte a un problema si cerca una soluzione rapida ed efficace per risolverla, ma purtroppo non lo siamo e quindi finirà a tarallucci e vino come sempre, con i soliti strilli e urla d’indignazione e un nuovo pacchetto di leggi severissime che nessuno farà o sarà in grado di far rispettare ai facinorosi.

Che altro dire? chiudiamo settori dello stadio per presunti cori di discriminazione raziale (qual è il confine tra sfottò e discriminazione?) ma, non siamo capaci di fare rispettare la legge nelle curve, che diventano zona franca dove tutto è permesso. Non mi spaventano gli ultras, mi spaventa più la classe dirigente e chi dovrà prendere decisioni, oggi il problema sono gli ultras, domani chi sarà? Nel frattempo scendono i titoli di coda, mentre il resto del mondo continua ad andare avanti.

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