lunedì 11 luglio 2016

Che due Pogba!

(di Manuel Fantoni)


Ogni estate ci deve regalare, per essere tale, un tormentone e se nella musica si è già provveduto con “andiamo a comandare” di Fabio Rovazzi, nel gossip torna alla ribalta il caso Belen-Borielllo, nel calcio, o meglio nel calcio mercato, si inserisce prepotentemente Pogba, dove tifosi, appassionati, improvvisati Di Marzio, si domandano: che fa rimane o parte? È meglio venderlo o tenerlo? Vale davvero 120 milioni di euro?
Io sarò subito chiaro, non so se venderlo sia un bene o un male, ma 120 milioni non li vale assolutamente. Ok, lo so con questa affermazione ho perso la lettura del tifoso medio juventino, ma ogni tanto un po’ di contradditorio ci vuole e poi a me le voci fuori dal coro piacciono sempre.
È stato detto, scritto e visto di tutto su Pogba, paragoni scomodi con Platini e Zidane, addirittura Messi e Pelè, ma mi spiace non ne vale nemmeno la loro metà. Questo europeo era l’occasione per stabilire se davvero Pogba è un fenomeno da 120 milioni o è una bolla mediatica pronta a scoppiare, ebbene ora ho la certezza è solo, per il momento, un fenomeno mediatico e 120 mln sono una rapina a mano armata. Visti gli elogi e paragoni, ma soprattutto l’ipotetico valore, dovremmo trovarci di fronte a un giocatore che da solo sposta gli equilibri e trascina la sua squadra alla vittoria, ma non è così, o meglio se parliamo di Griezmann ci può stare ma per lui no. Perdonateci Raiola e Marotta, ma "acca nisciuno è fesso", come direbbero nel golfo di Posillipo, buon giocatore sia chiaro, ma discontinuo durante i 90 minuti, questo è quello che Euro2016 ha sentenziato e non solo durante la finale. Anche le attenuanti generiche non reggono, ha giocato in tutti gli ruoli di centrocampo possibili senza mai brillare, su di lui Deschamps ha puntato molto nelle prime partite, ma quando si è visto che gli allon enfants de la patrie erano altri (Payet, Giroud e Grizmann) si è optato per un cambio modulo, con Pogba prima in panchina poi a fare il mediano o meglio il fantasma. Con buona pace di Sky e Gazzetta, non siamo così stupidi da credere che quello sul secondo gol di Griezmann contro la Germania sia stato un assist così esagerato da farne un titolo a caratteri cubitali, è sembrato più un assist la smanacciata di Neur, anziché la ciabattata a caso in mezzo all’area del nuovo fenomeno. Come la sfida in finale era più una questione Grizmann vs CR7 che Pogba vs CR7, per ruoli e gol segnati, non per altro, poi certo il fato/Payet han fatto la loro parte estromettendo Ronaldo.
Qui mi sorge il primo interrogativo chi ha fatto il prezzo 120 mln? Cosa lo determina Marotta & Raiola, il campo o il mercato? Ma soprattutto da un giocatore con questo valore ci aspettiamo che da solo sappia vincere, ma così finora non è mai stato, nemmeno alla Juve, dove questo ruolo è stato sempre fatto da altri. Insomma se l’idea di base è che per fare il prezzo del giocatore bastano una giovane età e due dribbling in mezzo al campo contro Inler e compagnia quando vinci in casa 3-0 o fare due gol da fuori area contro Empoli e Chievo, allora mooseeca!!! 
In tutto questo poi arrivano giornalisti compiacenti o chi deve cavalcare l’onda dell’entusiasmo a pompare la teoria del dio del calcio sceso in terra sotto le mentite spoglie di Pogba. Lasciamo da parte quindi Platini e Zidane, forse è anche lui un giocatore dalla personalità forte, ma certe eclissi perdurate che ci ha fatto vedere all’europeo e non solo, non me lo fanno sembrare nemmeno all’altezza di un Seedorf di ancellottiana memoria. Eppure non sembro essere l’unico a nutrire dubbi sul suo valore, Gary Lineker ha twittato domandando provocatoriamente se non sia il giocatore più sopravvalutato della storia, in Francia dopo la non certo magica semifinale ha preso giusto la sufficienza e per pietà non riporto le critiche post-finale, in Italia invece chissà perché non è così.
Il secondo interrogativo è: che ruolo gioca? Bene dire centrocampo vuole dire tutto e nulla, visto che le possibilità di interpretare questo ruolo sono comprese in un range quasi infinito che va da Gattuso per finire con Zidane. Entrando più nel dettaglio ma rimanendo fuori dai tatticismi, è un regista, un mediano, una mezzala o un trequartista? Boh, il fatto che a questa domanda le risposte possono essere molte o caratterizzate dal solito paraculo dipende, fa capire che al francese non è stato ancora trovato il suo ruolo perché semplicemente in nessuno ha brillato.
Vorrei però non generare equivoci, non c’è l’ho con Pogba in se, non dubito delle capacità e delle qualità che ha mostrato, dubito sul suo prezzo e su chi continua a esagerare ogni sua giocata o buona prestazione e, fate attenzione, questo mio giudizio non viene dalla finale persa, ma in generale da quanto ha mostrato da 4 anni a questa parte. Sono sicuro che tra qualche anno sarà tra i top mondiali per lo meno tra i centrocampisti, ma in questo momento certi elogi paiono poco sinceri e un po’ troppo pompati, d’altra parte la legge del campo non viene prima di tutto o vale solo per gli scudetti di calciopoli?

Probabilmente è giusto dire che 120 milioni sono frutto di una speculazione e forse ognuno tira acqua al proprio mulino, pensando al giocatore la domanda è: quanto può aiutare giocare con un cartellino del prezzo che spara un valore così alto e immotivato, con quale serenità può effettivamente giocare uno che viene celebrato anche solo quando scende in campo a riscaldarsi? È davvero necessario dedicargli uno spazio mediatico così ampio a discapito di altri protagonisti meritevoli della scena? Ma soprattutto non vi siete rotti le scatole come me, di sentire questa strampalata incensata ogni due per tre? E mo basta veramente però!!!

mercoledì 6 luglio 2016

"O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventar cattivo: KD e i nuovi Warriors"


(di Simone Carpi)

Se la storia che sto per raccontare, fosse un film, sarebbe "Il cavaliere oscuro" di Christopher Nolan, con Christian Bale e Heath Ledger.
Bene. Ora che ho imitato Fabio De Luigi che imita Carlo Lucarelli, posso parlare di cose serie, o meglio… più serie di “KD2GS”. No tranquilli, non è un codice captcha o la targa dell’auto di Lapo Elkann, ma un abbreviazione che gli americani fanno (di tutto), per indicare il "ridicolo" passaggio di Kevin Durant da Oklahoma a Golden State. Per i fanatici (perché o si è fanatici o si è non fanatici in questo sport, no chance) dell’NBA, è stato un colpo al cuore, e uno all’anima: uno dei top5 della lega e degli ultimi 10 anni, che si unisce agli Warriors e ad altre all stars come gli “Splash Brothers”, ovvero Curry & Thompson, e quel figlio di buona donna di Draymond Green, a comporre un quintetto stellare e illegale in 85 paesi.
Facciamo un passo indietro: "O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventar cattivo", dice Harvey Dent, ad un certo punto del film, sopracitato. E come dargli torto, se quel l'eroe un tempo (usare il passato, sigh) era proprio Kevin Durant, al secolo KD35. Eroe come è stato eroico il suo gesto di indossare fin dal college il numero 35 per l’appunto, in onore di un suo coach morto assassinato a soli 35 anni. Uomo franchigia dei Thunder, squadra di una città che negli ultimi vent’anni, la cosa più rilevante che ha vissuto, è stato il tragico attentato del 12 aprile 1995 con 168 morti. Dalla tragedia, fino a passare alla speranza (vana) poi, con la sconfitta nelle Finals nel 2012 contro Miami, nel grande team di allora che lui in primis trainò assieme a Ibaka, Westbrook e Mr. Barba Harden a seguito. Giocatore taciturno, umile, devoto (molto), e al tempo stesso ogni volta che mette il piede sul parquet, esaltante, spumeggiante, divino. 
Ed ora Kevin a soli 27 anni, “diventi cattivo”, passando coi più “forti” solo per vincere un anello? Quando Lebron “porto i suoi talenti a South Beach (cit.)” a formare i big three con Bosh e Wade, tutti ad insultarlo: perdente, codardo, ti piace vincere facile e via discorrendo. Come mai ora stanno tutti zitti?
La storia dei Big Two/Big Three è sempre esistita non diciamo cazzate: Shaq&Kobe, Garnett-Pierce-Allen, le twin towers (Robinson-Duncan) I bad boys e chi più ne ha più ne metta. Vincere un titolo NBA da soli è impossibile. “E Jordan???” dice un demente ignorante finto-tuttologo, passando per strada. Beh Jordan è “uncomparable” come direbbero in America, ma nei suoi due three peat aveva dei giocatori a fianco, come direbbe Pozzetto, "della madooonna", quali Rodman, Pippen, Kerr, Kukoc…quindi fatemi il piacere. Ergo le critiche a LBJ, sono state stupide e infondate.
A proposito di critiche, dove sono gli haters di Curry? Esistono? Eppure dovrebbe esisterne (sopratutto fra i puristi del gioco), essendo che il suo modo di giocare ha rovinato l’NBA. E questa signori non è una sparata stile Caressa che insulta il “Cholismo” dell’Atletico, ma la pura verità, che umilmente riferisco da un autorevole ed interessante articolo americano di settore. Su questo non voglio dilungarmi perché richiederebbe altri sei ulteriori articoli, ma per ora mi limito a dire che il modo anticonvenzionale, esagerato sia tecnicamente, che come scelta del shooting range, di Steph, non è un buono esempio i common-players della pallacanestro, che si esaltano ora a 10-12 anni a vedere le sue giocate su youtube. 
Proprio per questo, con un tiratore disumano in spazi e tempi come Curry, un cecchino come Clay, una tripla doppia umana come Green e un giocatore poeticamente spiazzante come possibilità di scelte offensive, come Durant, dicevo…proprio per questo siamo tutti curiosi di vedere come si adatterà il sistema di gioco degli Warriors quest’anno, con quattro tiratori all-range sopracitati e un "centro" (mille virgolette), come Iguodala. Nutro riserve.
Squadra illegale su carta senz’altro. C’è chi la chiama già “Dream Team” ed io rispondo: “lasciatelo a Barcellona ’92 che è meglio, là deve stare, capre!”.
Ma anche quest’anno abbiamo visto che “Believeland” ha battuto “Strenght in numbers”, Cleveland ha battuto Golden State, la voce di un popolo sconfitto da sempre, guidato da Re Giorgio, ha battuto una squadra statisticamente perfetta e fresca detentrice del nuovo record di vittore in regular season, in barba al Michael Jordan & Soci. "NBA: Where Amazing Happens."(cit)
Quindi aspettiamo a dire che Golden State vincerà a mani basse.
I have a dream: caro Lebron, a giugno 2017, dacci il quarto anello, lasciando in un angolo in disparte a piangere Steph Curry, il Baby Faced Assassin, che davanti alla tua maestosità ha già dimostrato quest’anno alle Finals, con quel behind the back pass inutile e fatale a -5’ dalla fine, di essere rimasto ormai solo “Baby”.
Lebron…che ora nella nuova copertina di Sport Illustrated, è chiamato “The Promise Keeper”, ovvero colui che ha mantenuto la Promessa di ritornare nella sua città per portarla al trionfo. 
Tornerà mai Durant ai Thunder?
Si potrebbe continuare per ore questo discorso, analizzando decine di diversi punti di vista, e scriverne romanzi fino a riempire intere biblioteche, ma il mio tempo su questa terra è poco, il vostro pure.
"O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventar cattivo" benvenuto al lato oscuro Kevin.

martedì 5 luglio 2016

PERTURBAZIONE AZZURRA

(Di Manuel Fantoni)

Tanto è stato detto e scritto su questa nazionale, prima dopo e durante, dal 10 ingiusto a Thiago Motta (ma de che stamo a parlà?), alla mancata convocazione di Pavoletti, salvo poi ricrederci su Eder e scoprire che non sempre l’attaccante per giocare bene deve segnare, fino a Zaza e soprattutto Pellè esaltati fino ai calci di rigore. È stato un europeo anche di sorprese dall’Islanda fino agli azzurri accolti con applausi dai tifosi italiani, nonostante un’eliminazione bruciante ai quarti, segno dei tempi che cambiano, qualche anno fa a raccontarlo non ci avremmo creduto visti i precedenti. 
Il futuro della nazionale c’è chi lo vede tutto nero, altri bianco, forse la verità sta nel mezzo, è vero Buffon e la BCC sono stati fondamentali, ma è anche vero che ci sono stati importanti segnali dai giovani, De Sciglio su tutti. Non è vero che non c’è materiale umano buono bisogna solo avere la pazienza e la capacità di lavorarci su, buona fortuna e lavoro a Ventura.
Si arriva quindi ad Antonio Conte, non era facile arrivare fino qui, probabilmente non era l’anno per vincere l’europeo, lo dimostrano i tanti infortuni importanti, i rigori dove la dea bendata ha fatto la differenza. Il CT ha puntato tutto su le qualità dove eccelle di più il carisma e la leadership, giusto così. Fa un po’ sorridere i tentativi dei media per farlo passare come un maestro di tattica e rivoluzionario, non abbiamo visto niente di nuovo, se non altro abbiamo chiamato con nomi diversi cose che già conoscevamo, il catenaccio è diventato contismo, il libero è diventato regista arretrato e così via, la colpa non è di certo di Conte quanto più dei media, che devono enfatizzare sempre il momento. Abbiamo riscoperto le nostre radici, di calcio difensivista, chiuso, più attento a distruggere che a creare ma contrariamente a quanto si pensa queste sono qualità e lo dimostra il fatto che abbiamo messo in difficoltà squadre come il Belgio, Spagna e per poco è mancato il colpaccio con i campioni del mondo. Esiste un calcio che può vincere anche oltre il tiki-taka, il possesso palla e l’esasperazione del gioco orizzontale, e noi ne siamo la prova, perchè si può vincere anche con 10 uomini dietro la linea del pallone e giocando a lanci lunghi. Sembra scontato ma non lo è, visto che per parecchi anni siamo stati inondati da incessanti lodi al guardiolismo e al calcio spagnolo, ma non fate l’errore di pensare che dopo il mondiale 2014 e questo europeo sia giunto al capolinea. Nella gestione Prandelli si era provato a snaturarci per seguire la moda del momento, facendo un calcio più propositivo e di possesso, ma i risultati come abbiamo visto sono stati parecchio deludenti. La risposta è semplice, non è nel nostro DNA e cultura, siamo più attenti al risultato che al bel gioco, come rimproverava Sacchi un tempo, salvo poi unirsi al coro delle lodi a Conte, che ha proposto un calcio diametralmente opposto al suo, fatto di possesso e pressing, ma questa è un'altra storia.
Antonio Conte merita gli applausi, le scelte le ha azzeccate tutte, a partire dal fatto che ha puntato su un gruppo, non ha convocato i migliori 23 italiani, ha scelto i 23 più adatti al suo gioco. Avrà ora la grande opportunità di fare il salto di qualità fuori dai confini nazionali, non sarà facile ma tutto può succedere. 
In nazionale arriva Ventura, scelta quasi obbligata, per motivi economici più che per altro, era l’unico allenatore disponibile e senza pretese economiche esagerate, si d’accordo ha fatto bene al toro, ha lanciato dei giovani, però si poteva avere di meglio come anche di peggio. Ha scarsa esperienza internazionale, visto che ha disputato qualche partita di Europa League, ma sarà sufficiente? Ha scelto una sfida difficile, c’è una vecchia guardia al tramonto e dei giovani da far maturare. Ho detto difficile non impossibile