lunedì 17 giugno 2019

SI SARRI CHI PUÒ



"Guardiola è il piano A. Conte il piano B. Sarri il piano C."
Immagino la faccia dello juventino medio stra-esaltato che a luglio 2018 imperversava le storie instagram su CR7, leggere queste parole e iniziare a gonfiarsi il petto sognando Pep Guardiola allenare Ronaldo.
Guardiola che tutto d'un tratto non è più un perdente in Europa ("dite tanto su ad Allegri, ma pure Guardiola è uscito dalla Champions, ha tutti i milioni che vuole poi, e quando era al Barcellona ha avuto culo" - l'ho davvero sentita questa che più che una dichiarazione, è un dichiarazione per il TSO),
ma diventa tutto d'un tratto un "grandissimo allenatore", cosa che confermano tutti i non juventini, però tipo da sempre.
E quando gli chiedi ad uno juventino inGuardiolito: "Ma come fareste ad avere un monte ingaggi che vi permetta sia Ronaldo che Guardiola con tipo 60 mln netti totali solo loro due?", loro fanno spallucce e ridono (ridono di cosa poi).
Ma poi...ta-dà!
"La prossima stagione partiremo da zero col City e vedremo cosa succederà" afferma Pep rompendo i silenzi delle scorse settimane. 
Guardiola saluta la Juventus. Titolo Juve -3% in Borsa. Olè.
Beh dai allora piano B, arriva Conte.
Immagino la faccia del tipico juventino stra-esaltato che ricorda i vecchi tempi di un Conte-demiurgo che prendeva dei "Simone Pepe" e dei "Giaccherini" e li faceva diventare dei giocatori di calcio, leggere queste parole e iniziare a gonfiarsi il petto sognando Conte allenare Bonucci facendolo tornare il difensore che un tempo era (o meglio: crede di essere).
Conte che tutto d'un tratto passa da allenatore sopravvalutato, caciarone, e catenacciaro, a unico e vero condottiero per far vincere la Champions alla Juve di Ronaldo.
Conte all'Inter. Il tecnico: "Entusiasta della nuova avventura". Zhang: "E' uno dei migliori".
Conte saluta la Juventus.
Resta il piano C: Sarri.
Non deve essere stato facile, per un tifoso juventino, comprare il giocatore più forte al Mondo nonchè più forte della Champions, e uscire addirittura un turno prima dello scorso anno; ma deve essere ancora più difficile vedere i suoi sogni di una stagione 2019-2020 andare in frantumi non ad Aprile 2020, ma a Giugno 2019.
Eppure non è un fallimento.
Ora ovviamente tutti gli juventini saranno scettici nei confronti di un allenatore che prima è stato Napoletano (acquisito) e dei Napoletani, e ora passa a loro.
Gli juventini saranno scettici nei confronti di un allenatore che predilige il bel gioco, loro che stanno al "bel gioco" come la Corea del Nord sta alla "democrazia", (fra l'altro con gli stessi successi in ambito Europeo).
Gli juventini del "vincere non è importante, è l'unica cosa che conta" saranno scettici nei confronti di un allenatore che dichiara "È sport, non ha senso. Non si può essere scontenti di un secondo posto".
Eppure Sarri è la migliore scelta attuale possibile per la Juventus.
Un allenatore che non pensa a vincere, ma 
pensa e prova "a vincere, mostrando un bel gioco" che è molto diverso, e che è ancora più diverso di "vincere" soltanto.
Per chiudere una volta per tutte questa diatriba tutto italiana (e italiota) già spiegata qui, in partenza, e senza dover sottolineare che lo stesso Liverpool (Vice campione d'Europa 2018 e Campione 2019), è capitanato da un Mister con gli stessi ideali:
1) il Napoli di Sarri della scorsa stagione era un Napoli con un monte ingaggi quattro volte più piccolo della Juventus e con una rosa molto meno competitiva, ha sfondato quota 90 punti e ha perso lo scudetto contro la Juventus di un nulla (e fra l'altro non per merito della Juventus).
2) Solo un idiota può davvero credere che esista qualcuno che giochi a Calcio, ma sopratutto a Calcio professionistico (dove chi perde, perde soldi, chi vince vince soldi) senza pensare al risultato, sopratutto se quell'idiota ha perso 2 finali in 3 anni.

Torniamo a noi.
Sarri certamente ha dei difetti, certamente non ha la "teoria" di Guardiola, il "talento" di Klopp, o "l'esperienza" di Ancellotti, ma altresì ha diverse obiettive capacità (ha vinto l'Europa League eh), ma ancor più il coraggio di provare a guarire lo juventino medio dall'ossessione per la vittoria, che lo porta, sovente alla malattia e al disturbo ossessivo compulsivo di negare tutto (sentenza di Calciopoli, sporadici e non sporadici favori arbitrali, chiari fallimenti Allegriani) a costo di non sfatare questo mito del "Vincere non è importante è l'unica cosa che conta", che più che un mito è una promessa di Faustiana memoria, una maledizione appunto, un amore disturbato dedito allo stress sportivo, una promessa irraggiungibile: nessuno può vincere per sempre, e se il tuo motto è vincere o niente, allora spesso (statisticamente parlando) ti devi accontentare del niente.
Chissà quante "Champions non vinte" serviranno, per fare capire questo concetto al popolo bianconero, per poterlo liberare e quindi rendere sì davvero pronto a vincere, diventando non causa, ma effetto del suo stesso gioco.
Ma soprattutto chissà quante vittorie serviranno a Sarri in maglia bianconera, per far magicamente cambiare idea ai suoi nuovi tifosi, ora ostili e pronti a gettarsi in mare al grido "Si Sarri chi può!"
Ma ora il tempo è giunto: levate l'ancora, preparate i marinai, è "il Comandante" Maurizio Sarri che ora guida la Nave, alla conquista della Champions... o forse dell'Eldorado.







Capo Redattore di Sport Globetrotter. 
Ossessivo, pragmatico e compulsivo ma nella Vita mi capita di improvvisare. Preferisco conoscere i pazzi: hanno storie più interessanti.
Simone Carpi

martedì 4 giugno 2019

HO VISTO IN CIELO UNA STELLA: LUKA JOVIC

Cosa porta il Real Madrid ad accaparrarsi, giusto un paio d'ore fa un giovane attaccante ventiduenne dell’Eintracht Francoforte? Questo è il destino di Luka Jovic. Le sue ottime prestazioni nella stagione 2018/2019 hanno suscitato l’interesse delle big ma la storia di questo ragazzo serbo è costituita da capitoli diversi e non scontati. 
Esordio nella Stella Rossa, storica società di Belgrado, dove muove i primi passi realizzando il suo primo gol nel 2014 come più precoce goleador del club battendo il record detenuto da Dejan Stankovic. Luka fa due anni nella capitale per poi trasferirsi in Portogallo e più precisamente a Lisbona, nel Benfica. Data l'importanza della maglia e l'intensa competizione di reparto condivisa con gente di spessore come Jonas, Raul Jimenez e Mitroglu Jovic non rientra nei piani di Rui Vitoria e fatica tremendamente a mettersi in mostra. Diventa ben presto l'attaccante di quarta fascia collezionando solamente 4 presenze in totale. La rinascita per il serbo arriva a giugno 2017 dove con un prestito biennale viene comprato dall'Eintracht Francoforte. L’artefice dell’operazione si chiama Freddy Bobic che non è altro che l'attuale DS dell'Eintracht. La sua intuizione abbinata al duro lavoro quotidiano impartita da Niko Kovac , anno scorso coach del club e quest’anno al Bayern, hanno fatto progredire Jovic sia in termini realizzativi che in termini di fiducia in se stesso che nel prendersi un ruolo di primo piano nello schema tecnico tattico. I numeri parlano chiaro: da agosto a oggi è stato in grado di fare 25 gol e 7 assist fra Bundesliga ed Europa League. Da ora in avanti è chiaro che si apre un nuovo capitolo della sua carriera, in un altro campionato e forse in un futuro via via sempre più roseo. Senza dimenticare che sullo sfondo c’è anche il mantenimento e il consolidamento di un posto nella nazionale serba, cui Jovic tiene in modo particolare anche dopo il buon mondiale disputato. La storia di Jovic è un po’ come quella di tanti altri che vivono alti e bassi ma che poi tutt’a un tratto trovano la loro dimensione ed emergono. Di certo lui qualità e fisicità le ha, vedremo se vestire la camiseta dei blancos, lo renderà un vero e proprio galacticos oppure una meteora che dimenticheremo fra qualche anno.






(Blogger di Sport Globetrotter. Appassionato di fotografia, comunicazione digitale e sport, soprattutto calcio internazionale.)


Davide Farri