lunedì 2 giugno 2014

Ringhiare verso i cieli: GENNARO "RINGHIO" GATTUSO

  

“Pirlo, De Rossi, Marchisio…”
Tutti sanno che vedere le partite allo stadio è un conto, e dalla televisione è un altro; soprattutto perché si respira il cosiddetto “clima partita”, osservi i giocatori che si concentrano, il tifo che si prepara, le telecamere di sky che si posizionano, tutto questo quando mancano pochi minuti all’inizio dell’incontro. Il “behind the scenes” prima dello show.
“…Verratti, Candreva, Motta.”
Una delle cose che mi sono rimaste più impresse nella mia, seppur breve, carriera da ultrà a vedere il Milan, non rientra nella partita “giocata”. Si certo ho visto grandi campioni come Sheva, Ibra, Kakà, Pippo ecc regalare spettacolo sul rettangolare di gioco, ma parafrasando Mark Rowlands, ne “Il lupo e il filosofo” “Ci sono diversi modi ricordare quando pensiamo alla memoria, tendiamo a tralasciare ciò che è più importante a favore di ciò che è più evidente” e ogni volta che sono stato allo stadio osservavo che il primo giocatore ad entrare in campo per il riscaldamento non era il capitano, o ibra, o sheva, o il portiere, ma Gennaro Ivan Gattuso. Mi chiedevo ingenuamente il perché. Ora so il motivo.
“…e completano la lista Aquilani e Parolo.”
No non sono nomi messi a caso, ma sono gli otto centrocampisti convocati da Prandelli per i Mondiali di calcio che si disputeranno fra qualche settimana in Brasile.
I primi mondiali dove non parteciperanno molti epici vincitori di Berlino 2006, tra cui Ringhio.
Tanto per essere chiari e fare una semplice equazione: 5 Parolo + 9 Motta = ½ Gattuso. Claro?
(scusate ma questo sassolino dalla scarpa dovevo togliermelo)
Gattuso racchiude nella sua semplicità umana e di linguaggio (guardare qualche sua intervista in inglese ai tempi del Glasgow, ha fatto bestemmiare dalla tomba Shakespeare) una dialettica calcistica notevole. Mi spiego meglio: la sua presenza in campo era un sussistere complementare di alto e di basso. Onore e umiltà. Ma soprattutto orgogliosa dignità calcistica in una veste povera, poverissima. Nato in Calabria ed entrato nel calcio che conta con il Perugia, si trasferisce in Scozia dove con i Rangers vince anche uno scudetto (che compresi gli otto anni precedenti facevano poi totale nove vinti consecutivamente #tipiacevincerefacile).
Approda nella squadra verso la quale il padre Francesco ha sempre condotto l’educazione calcistica del figlio: il Milan.
Due Champions League, due Scudetti e una Supercoppa Italiana quando ha indossato la maglia rosso nera. Ovviamente da titolare fisso in mezzo al campo. Non male eh per uno che al primo allenamento nel milan, nella fase di riscaldamento, facendo torello, lasciava di stucco i compagni per l’incredibile coraggio e grinta accompagnato in maniera claudicante da una tecnica ai piedi che avrebbe lasciato desiderare anche il terzo panchinaro destro in pensione di una squadra in Eccellenza.
Dopo questo aneddoto aggiungiamo alla lista anche 14esimo posto al Pallone d’Oro del 2006. 14° su 25.  A pari merito con un tale che giocava nei Red Devils con la maglia numero 7: Cristiano Ronaldo. Come direbbe Fabio Caressa: “Il calcio è strano Beppe”
This is Gennaro Gattuso: soprannominato dalla Fossa dei Leoni “Ringhio”. Prendere o lasciare. Sempre preso dai tifosi del Milan. Preso anche dal 90% degli italiani. Chissa perchè.

Tutti questi calciatori della Serie A odierna, che passano più tempo dal parrucchiere, a farsi i capelli, che nel campo d’allenamento a farsi il culo dovrebbero farsi delle domande. E se hanno un poco di materia grigia, provare anche a formulare delle risposte. Non voglio arrivare al facile e infantile nesso macismo-bravura.
Ma semplicemente dire che l’essenza del calcio non sta nell’estetica e nel merchandising. Perché possono metterti a posto la famiglia e i nipoti fino alla terza generazione con un contratto da capogiro, e sponsor pubblicitari, ma l’anima in campo, quella è dura da mettere. Perché è gratis, anzi ci perdi spesso. E la cosa che mi preoccupa di più è vedere le nuove generazioni calcistiche crescere con tante nuove Nike Magista ai piedi, ma pochi valori nel cuore..
La semplicità. Presentandosi all’intervista del programma “Che tempo che fa” di Fabio Fazio, il conduttore, vendendo Gattuso vestito e agghindato in maniera a lui inusuale gli porge i complimenti. La sua risposta: “La cravatta? Io non indosso mai la cravatta. Nemmeno al mio matrimonio l’ho indossata. E’ mia moglie che oggi mi ha vestito così”. Priorità.
C’è un'altra immagine durante la sua carriera al Milan, che mi è rimasta impressa, e che illumina ulteriormente la sua figura calcistica. Finale di champions all’Old Trafford, Manchester - 2003. Milan e Juve si affrontano in una sfida che resterà nella storia, e al 120esimo minuto, quando i giocatori di entrambe le squadre avevano le ginocchia di piombo, i nervi di fuoco e il cuore d’acciaio, lo vedi la, Ringhio, durante la melina juventina nella spasimante attesa del fischio che avrebbe decretato i rigori, correre come un diavolo assatanato verso la palla.Sapeva che non ci sarebbe mai arrivato. Ma sapeva anche che andava fatto.
Ringhio non vuole essere a morale della favoletta “tranquillo anche se non hai i mezzi per fare qualcosa, l’importante è che ci metti impegno”.
Perché l’impegno non basta. Perché come il sangue di San Gennaro che il 19 settembre di ogni anno, miracolosamente, sgorga dalla sua statua a Napoli, così il nostro Gennaro: in campo, prima dell’impegno, versava sangue.


Perché l’impegno non fa male. La fatica, le lacrime, il sudore, il fiato che viene a mancare, il dolore lancinante alla schiena dopo decine di kilometri macinati sul campo, i contrasti mortali tibia contro tibia che ti fanno mancare il fiato, il chinare il capo di fronte ad una superiorità tecnica dell’avversario che devi marcare perché lo dice il mister, ma farlo fino in fondo e fino alla fine, vendendo cara la pelle. Questo fa male. Questo è la morale di Gattuso, che prima di renderlo un calciatore lo rendono uomo. Lo hanno reso capitano del Milan. Ma ora che ha lasciato il calcio giocato, lo ha reso anche sicuramente capitano della sua vita.

“L’albero sembra un cane intento a ringhiare verso i cieli” diceva Jack Kerouac...


RINGHIA GENNARO!....CONTINUA A RINGHIARE!!!!











Capo Redattore di Sport Globetrotter. 
Ossessivo, pragmatico e compulsivo ma nella Vita preferisco improvvisare. Preferisco conoscere i pazzi: hanno storie più interessanti.

Simone Carpi

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