sabato 29 marzo 2014

PERDERE E PERDEREMO...






Forse alcuni di voi non hanno mai sentito la parola "tanking": con questo termine si indicano le squadre NBA che verso fine anno tirano i remi in barca (eufemismo) per cercare di avere una migliore scelta al draft. Oggi credo che ci sia una squadra che e` andata oltre facendone un'arte. Sto parlando degli insuperabili e immarcescibili Philadelphia 76ers! Qui credo che siamo andati oltre a tutte le più rosee aspettative, sono riusciti a perdere 26 gare di fila e il tassametro corre.

Giusto per darvi un' idea questo e` il loro roster attuale. 

76ers Roster

2013-14 Roster
NumPlayerPosHtWtDOBPrior to NBA/CountryYrs
9James AndersonG-F6-621003/25/1989Oklahoma State/USA3
1Michael Carter-WilliamsG6-618510/10/1991Syracuse/USAR
20Brandon DaviesF6-1024007/25/1991Brigham Young/USAR
5Arnett MoultrieF6-1024011/18/1990Mississippi State/USA1
30Byron MullensC7-027502/14/1989Ohio State/USA4
4Nerlens NoelC6-1122804/10/1994Kentucky/USAR
12James NunnallyF6-720507/14/1990California-Santa Barbara/USAR
23Jason RichardsonG6-622501/20/1981Michigan State/USA12
35Henry SimsC6-1024803/27/1990Georgetown/USA1
31Hollis ThompsonG-F6-820604/03/1991Georgetown/USAR
40Jarvis VarnadoF-C6-923003/01/1988Mississippi State/USA1
17Casper WareG5-1017501/17/1990Long Beach State/USAR
25Elliot WilliamsG6-518006/20/1989Memphis/USA3
8Tony WrotenG6-620504/13/1993Washington/USA1
21Thaddeus YoungF6-823006/21/1988Georgia Tech/USA6

Dirsi imbarazzante e` dirsi poco, con un roster di questo tipo non si riuscirebbero a fare le top 16 di Euroleague! Addirittura Casper Ware (chi?) e` riuscito a strappare un decadale; e se vistate chiedendo: ma io questo l'ho già sentito...si e` esattamente quello che pensate sia: il bollito e scarsissimo giocatore che i tifosi italiani hanno ammirato in maglia Virtus.
Recentemente ho assistito alla partita Phila- Utah (lo so, mi voglio male) una partita abbastanza
combattuta tra due squadre non irresistibili.

Palazzetto semi vuoto con non più` di 10000 persone, delle quali molte scolaresche.



La partita e` stata anche abbastanza gradevole, la tipica partita di stagione NBA, con i primi due quarti andati via velocemente e con difese quasi inesistenti, mentre nell' ultimo quarto si e` vista un po' di difesa ed infatti i Jazz hanno preso il largo vincendo abbastanza agevolmente. 
Ero curioso di vedere Carter Williams che sara` il rookie of the year. Beh diciamo che non ha giocato la migliore partita della stagione, sembrava un po' lobotomizzato in un ambiente surreale dove gli unici momenti in cui il pubblico si e` esaltato e` per il lancio di merchandising da parte della mascotte dei Sixers... Per carità questa e` la fine della stagione NBA di una squadra senza nulla da chiedere alla propria stagione, pero` c'e` un limite al tutto. Credo che se il tuo miglior giocatore sia Carter Williams e che Tony Wroten sia il tuo "go to guy" in grado di "trascinarti" con un trentello ci siano alcune cose da rivedere. La cosa buona e` che del roster visto quest'anno ne rimarranno ben pochi pero` resta il fatto che per una stagione intera l' NBA abbia dovuto vedere e sopportare questo scempio. 
Ci sono anche altre squadre che fanno tanking: i Bucks i Lakers o i Kings; pero` almeno queste squadre un minimo di impegno lo mettono e qualche partita, poche, la portino anche a casa. Philadelphia ha gettato la maschera quando ha rilasciato Eric Maynor, sicuramente non un fenomeno, ma comunque il loro migliore panchinaro. In questo modo il GM dei Sixers ha deciso di perderle tutte per provare ad avere il numero maggiore possibile di palline nella lottery per il draft. Il sogno neanche tanto velato si chiama Andrew Wiggins o Joel Embiid, rispettivamente SF e C di Kansas, grandi prospetti, ma assolutamente da testare al piano di sopra.
In sostanza: credo che operare come stanno facendo i Sixers non porti a buone cose nel lungo periodo. Per prima cosa i vertici della NBA non stanno vedendo di buon occhio questo tipo di atteggiamento e in un modo o nell'altro la faranno pagare. Non sarei affatto sorgere se Philadelphia invece di avere la chiamata numero 1 avesse la 3 o la 4 al prossimo draft. Come seconda cosa il pubblico si e` disaffezionato e per poterlo rivedere ancora in massa al palazzo ce ne vorrà di tempo e di pazienza.
Da ultimo il roster e` stato azzerato, e` vero, ci sono ottimi free agent, ma quanti ne puoi firmare? due, forse tre buoni giocatori (non super star) e poi? In squadra rimarranno Carter Williams, a mio avviso da rivedere il prossimo anno, Noel che ha giocato la bellezza di 0 minuti NBA quest'anno e Young, discreto panchinaro NBA. Insomma anche per il prossimo anno la vedo dura...
Invece, secondo me, quello che stanno facendo altre squadre come i Kings o anche come i Pelicans e` molto più` onorevole e logico. Anche queste franchige stanno applicando la nobile arte del tanking, nella quale i Clippers sono stati maestri incontrastati per anni, pero` lo stanno facendo con parsimonia mollando totalmente contro squadre come Spurs o Heat, ma provandoci e lottando con squadre di media-bassa classifica. Inoltre sono tutte squadre con buoni prospetti come Anthony Davis o DeMarcus Cousins, giocatori in grado di dare un futuro alle proprie squadre.


Un consiglio: se avete la possibilita` guardatevi e registratevi una partita di questi 76ers in quanto di gran lunga la peggior squadra della storia di tutta la NBA! Una squadra dei record che entrerà nella storia come squadra di assoluto culto.

Go Sixers Go! le 30 sconfitte consecutive sono alla vostra portata!


giovedì 27 marzo 2014

White Chocolate: l’insostenibile leggerezza dell’essere (la pallacanestro)

di Simone Carpi


“Another great play by White Chocolate ladies and Gentleman!”.
“What – a – pass! He know when trilling the game!”
“J-Will from downtown….got it!”

12 febbraio 2000. Oakland Arena. All star week-end. Rookie Game.
Tutto va come deve andare. That’s entertainment. Ma poi accade l’inaspettato, molte persone non se ne accorgono nemmeno, ma iniziano a capire che è successo qualcosa quando vedono i vicini di posto attenti che iniziano a saltare sul posto e ad urlare. Cose del genere posso anche accadere nello spettacolo dell’All Star Game (fra l’altro quello in cui nello Slam Dunk Contest, Reverendo Vincer Carter affisse le sue personali 95 tesi sancite con un “it’s over!”), ma mai vista una roba simile, un fulmine a ciel sereno. Scena aperta di applausi.
Tutti per lui, per White Chocolate: l’insostenibile leggerezza dell’essere (la pallacanestro).
(ecco il video del famoso "elbow-pass")
Mettiamola cosi: il razzismo è una cosa strana. In America ogni cosa è elevata all'ennesima potenza portando tutto ciò su cui si posa la lente d’ingrandimento del mondo o alle stelle (della bandiera) o alle stalle, ed essendo la nazione più dominante del mondo (Cina? shh…) tutto deve prima o poi affrontare l’immaginario della nazione di Uncle Sam. Stavamo dicendo? Si il razzismo è una cosa strana, soprattutto negli U.S.A.
Per quanto riguarda il nigga, ovvero il “negro”, la società “bianca” americana del dopoguerra non ci ha pensato due volte ad abbattere i suoi diritti civili, e ad emanciparlo in ogni contesto sociale, costruendogli ergo una vita non molto facile da affrontare, per le generazioni future post Marti Luther King. Big Mamas nel Bronx con cinque figli e il marito alcolista in gabbia, a crescere la famiglia per dare un "Futuro" ai propri figli. Il basket è stato il futuro della generazione nera americana. Soprattutto per levarli dalla strada, dalla droga e dalle armi (sebbene qualche “esemplare” s’è le è portate dietro pure in NBA, vedi voce “Gilbert Arenas”). Più predisposti atleticamente e fisicamente alla disciplina di Naismith (e non solo), a poco a poco, nel corso dei decenni, il basketball player nero è passato da diventare una rarità, ad una cosa normale, fino ad essere imprescindibile.
“Glory Road” (2006, James Gartner) è un film che straconsiglio a tutti e in particolare a chi come me soffre di NBA disease, vista la lucida lettura da parte del regista nel far vedere (è una storia vera) quel mondo americano anni 50 scontrarsi contro l’alba del futuro dominio black nella lega di basket più importante del mondo.
Ma torniamo ad Oakland, e alla folla euforica e concentriamoci su uno dei più bei nicknames della storia dell’ NBA, ovvero “White Chocolate“.
Un ossimoro geniale. Un accostamento della parola “chocolate”, ovvero “cioccolato” quindi riferito al nero di pelle, con “white” ovvero “bianco”, quasi come se fosse una cosa strana o perlomeno peculiare. J-Will, J-Dub, Whiteboy, tutti soprannomi (tatuati fisicamente e non solo) nella persona di Jason Chandler Williams, ma White Chocolate resta il suo e, plebiscitariamente di tutti, il preferito di sempre.

Marshall University, NCAA, college Americano. Jason combina 13.4 p. e 6.4 a. nel suo anno da freshmen. Not Bad. Qualche anno dopo passa ai Florida Gators, e dopo una serie di sfortunati eventi (diciamo che flirta mica male con la signorina Maria) è pronto per il Draft del 1998, pick #7. Approda ai Sacramento Kings. Due anni dopo da freshmen della lega gioca la partita riservata al “novizi” del gioco all’All Star Game del 2000. La reazione della folla la conoscete già. Ma è proprio nel suo anno da rookie nella franchigia capitanata da C-Web Chris Webber, che Stephanie Shepard, addetta all’ufficio stampa dei Kings, questa trovata tanto geniale quanto vera nella sua descrizione. 
“The way he does things with the ball is incredible to me. It reminds me of, like, schoolyard street ball.” afferma ai giornali al momento della J-Will Mania. Ma prima di parlare di quest'ultima, vi spiego il perché dell’ossimoro geniale: partendo dal presupposto che non si può criticare ne tanto meno parlare di un pittore, se non si è mai visto un suo quadro, ecco lo stesso discorso (non a caso) vale anche per Jason Williams. Le sue giocate appunto da street basket, fanno parte del dna nigga della serie quartiere Harlem, joint in tasca, palla in una mano e revolver nell’altra, tanto per usare un luogo comune “alla Spike Lee” molto chiaro. 
E' estroso, è tracontante, a volte esagerato, spesso visto come "fuori luogo" dal playmaker vecchia scuola (mister "capelli alla ricky cunningham" passaggio solo due mani petto, per usare un'esempio classico da praticanti della disciplina), perchè porta la filosofia nera della pallacanestro nella filosofia bianca. E' uno sgarbo, è blasfemia sportiva, è un insulto. Invece no. E la cosa funziona pure. Parecchio.
Assist no look belli quanto impensabili, giocate di pura avanguardia intellettuale di lettura di gioco, shake n’ bake spiazzanti, crossover come fossero fragole, triple senza ritmo dove l’unico rumore che si poteva udire al momento del rilascio della palla era l’orgasmico “ciuff” della retina. Grandissimo genio ma anche grandissima dose di follia iniettata nelle sue vene: Jason Williams rappresenta al meglio l’insostenibile leggerezza dell’essere la pallacanestro. La giocata che lo fa entrare nella top10 assist della stagione, seguita da una palla persa che fa fare il canestro del +8 agli avversari. Aprire una gara delle Finals 2006 con Miami in contropiede campo aperto, con palleggio arresto e tiro da tre senza neanche pensarci su. Il diavolo in panchina, Pat Riley, sguardo glaciale e imprecazioni al cielo. Ma deve arrendersi. Solo retina. Un’altra volta.

La gente lo ama, lo idolatra. Il suo stile di gioco porta il videogame nella realtà , lo spettacolo nello spettacolo, la sorpresa nell'abitudine. Basta qualche mese a Sacramento, dove Jason fa il playmaker che inventa e diverte con uno stile che Bob Cousy vedendolo da lassù avrà sicuramente sorriso. Impazza la J-Will fever. La maglia di Sacramento #55 è tra le più vendute del sito NBA. La copertina di Sport Illustrated (il Vaticano dello sport americano) scrive in copertina “The greatest show on court” e ci sbatte sopra Jwill C-web e soci. Jason gioca spettacolosamente ma con garbo tattico e i Kings concludono la stagione 2001 con 55-27 finendo secondo nella Pacific Division. La gente è tutta per White Chocolate, amici e nemici assieme pronti a gustarsi la prossima folle invenzione del ragazzo di Belle - West Virginia.  I paragoni, che in America sono sempre comunque più oculati e meno prematuri rispetto a ciò che siamo abituati a sentire in italia nel calcio, parlano chiaro: “Pistol Pete is alive! #55” è uno dei più cartelloni ricorrenti fra gli spalti (come se Gabbiadini della Sampdoria, venisse appellato come “il nuovo Roberto Baggio”). Altro mondo
(Uno dei più famosi cartelli che la gente faceva in onore di J-Will)
Jason Williams è indiscutibilmente un genio e innovatore del gioco. Ma si sa, dove Dio dà, deve anche poi togliere. E il buon Giasone ha varie mancanze: spesso disciplinari (l’eterno amore per Maria), e anche “accademiche” (sempre tanto malvisto dai rosiconi play bacchettoni bianchi). L’anno successivo alla copertina di Sport Illustrated Sacramento lo rimpiazza con un playmaker più ordinario, monotono ma anche più regolare: Mike Bibby.


(Copertina Sport Illustrated)
Come tutti i romanzi che parlano di grandi ed eclettici personaggi, si arriva ad una tensione narrativa tale che l’eroe inizia a decadere, frutto il corso della vita e spesso la sua stessa natura contradditoria. “Chi tende continuamente verso l’alto deve aspettarsi prima o poi d’essere colto dalla vertigine”. scrive Milan Kundera ne ’”L’insostenibile leggerezza dell’essere”. Lo stesso accade a Jason. Sacramento, poi Memphis, Miami, poi Orlando e ancora Memphis. E poi il ritiro. Il punto di picco massimo come referenza sportiva lo acquisisce nel 2006 con gli Heat vincendo l’anello (accompagnato da due “giovinotti discreti” come Alonzo Mouring e Shaquille O’Neal), poi per il resto una lenta e inesorabile discesa. Qualche giocata assurda non mancava mai, ma il minutaggio era sempre limitato, e il peso della vita verteva sempre più spesso sulla sua schiena e sulle sue ginocchia. 
Non credo che Jason Williams andrà nella Hall of Fame. E non avrei avuto bisogno di inaugurare questa rubrica parlando di lui, se un giorno sarà riconosciuto nell’albo a fianco di Oscar Robertson, Bob Cousy e Pete Maravich. Non penso serva un riconoscimento ufficiale per chi come lui, ha entusiasmato con le sue giocate milioni di persone, e fatto nascere nel sottoscritto il desiderio di vedere prima e provare poi, la pallacanestro. Non è roba da poco penso fra me e me. Questo è il mio, seppur marginale, modo per dirgli grazie. Grazie Jason per avermi entusiasmato ad ogni tua giocata e aver cambiato il mondo sportivo in cui hai vissuto. 
Chissà se, quando andrai in pensione, sarai ancora in grado di fare un assist no look dei tuoi, magari quando a tavola l’anziano compagno a tavola chiederà il sale. 
Io credo di si. 
E anche lui.
(Un video con gli highlights  della fantastica carriera di Jason Williams)



lunedì 24 marzo 2014

CARLETTO ES MUY REAL

di Nicola Facci

El clasico è finito da poche ore e ha sancito la vittoria del Barcellona nonostante un ottimo Real Madrid. Ci vorrebbe un articolo intero se non un libro, dedicato totalmente a questa partita che non è solo lo scontro, nel 99% dei casi, tra la prima e la seconda in classifica della Liga, nonché tra i due club più titolati di Spagna, ma è anche lo scontro tra due culture: quella catalana e quella castillana, da sempre rivali nello sport come nella politica. Quest’anno c’è stata anche un po’ di Italia in questa partita, perché l’allenatore del Real è Carletto Ancelotti, quello che a mio modestissimo parere è il miglior allenatore italiano del momento. 

Carletto nelle scorse settimane si era guadagnato grandi elogi dalla stampa spagnola e non, per il bel gioco correlato da ottimi risultati del suo Madrid, sembra di secoli fa le accuse ad Ancelotti di avere impostato un gioco troppo difensivista e di avere voluto uno staff troppo numeroso al suo seguito nella avventura madrilena. Carletto, si sa, è un uomo di calcio troppo navigato per controbattere a queste insinuazioni, ha lascito correre e ha preso tempo per dimostrare che il suo Real sa essere squadra di attacco e che i risultati, come ha predicato dal suo insediamento, sarebbe presto arrivati.  A poco a poco ha rosicchiato via i punti di svantaggio che lo dividevano dal duo di testa ed è arrivato a inserirsi prepotentemente nella lotta per il titolo. In Champions è stata tutta un’altra storia con il Real che ha fatto da padrone nella fase a giorni e che ha spazzato via agli ottavi lo Schalke 04. Perché sostengo che in questo momento Ancelotti è il tecnico italiano in attività più di successo? La risposta viene dal suo percorso come allenatore fatto di una crescita costante e dal sapersi adattare alle situazioni come nessun altro.

Nel 1992 Ancelotti lascia il calcio giocato e passa come assistente di uno dei più grandi tecnici italiani (di sicuro è stato il più rivoluzionario): Arrigo Sacchi.  Carletto rimane alla corte del suo ex allenatore quasi 3 anni, da lui apprende i 3 dogmi sacchiani fondamentali: il gioco a zona, il pressing e il 4-4-2. Con questo bagaglio non indifferente, assume l’incarico di allenatore della Reggiana nell’estate del 1995. La reggiana è appena retrocessa dalla serie A, ha l’ambizione di ritornare immediatamente nella massima serie, ma le cose per il tecnico di Reggiolo non vanno troppo bene, troppi pareggi e troppe critiche, nel girone di ritorno si inverte la rotta i risultati arrivano e la reggiana centra la promozione in serie A. La stagione successiva vede il passaggio agli odiati cugini d’oltrenza: il Parma. È la squadra giusta per Ancelotti perché sia lui che il Parma sono molto ambiziosi.  Carletto ottiene un 2° e 5° posto, il primo costituisce il massimo risultato raggiunto nella storia del parma in serie A, come direbbe Abatantuono, scusate se è poco. Tuttavia Carletto inizia a rendersi conto che il suo integralismo tattico e fedeltà al modulo, il 4-4-2, non sono due verità intoccabili. Nell’estate del 1996 appena arrivato a Parma trova Gianfranco Zola, fantasista nonché il giocatore più rappresentativo dei ducali. Il problema è che Zola non è né un centrocampista adatto nel 4-4-2 di matrice sacchiana, né la giusta seconda punta che Carletto vorrebbe, così prova a dirottarlo sulla fascia, esperimento che Zola non gradisce e che non da i risultati sperati. La questione si chiude nel novembre dello stesso anno, Zola prende il volo per la Premier League, destinazione Chelsea. Altro caso eclatante in cui Ancelotti ha ammesso la colpa, è il seguente: estate 1997 Roberto Baggio è in rotta con il Milan, vuole giocare con continuità perché ha la promessa del c.t. della nazionale Cesare Maldini, che se giocherà con costanza, lo terrà in considerazione per il mondiale di Francia 98. Il Parma si fa sotto con Galliani, l’affare sembra fatto ma Ancelotti ferma tutto. Baggio non si sposa con il suo modulo e poi in attacco il Parma è già al completo. La sua avventura in terra emiliana si chiude con buoni risultati e bei ricordi per i tifosi ducali.

Carletto si sente pronto per arrivare in una squadra pluriscudettata: la Juventus. Il momento non è facile la squadra ha appena esonerato Lippi, viaggia attorno al settimo posto in campionato, che vuol dire non accedere direttamente all’Europa. Ancelotti capisce che è arrivato il momento di accantonare il 4-4-2. Perché se fino ad ora ha sempre fatto così bene con quel modulo? La risposta è semplice e consta di un nome e un cognome: Zinedine Zidane. Hai due ottimi attaccanti ovvero Inzaghi e Del Piero, ma se hai zizou dietro le punte è tutta un'altra storia. Infatti Carletto riesce a rimettere sui binari giusti la disastrata stagione 1998/1999 della Juve, arriva settimo in campionato, ma in Champions arriva in semifinale battuto dal Manchester Utd di Ferguson che andrà poi a vincere il trofeo.
La stagione successiva è quella giusta, parte molto presto perché l’unico accesso per l’Europa è la coppa Intertoto che Carletto puntualmente vince e che gli permette di arrivare a giocare la Coppa Uefa. In serie A conduce la Juve al vertice per tutta la stagione, fino a perdere lo scudetto all’ultima giornata, sotto il diluvio a Perugia a favore della Lazio. La seconda stagione è un remake della prima con la differenza che la Juve non riesce mai a scalzare la Roma dalla prima posizione nonostante il calo nel finale di stagione. Nell’estate del 2001 ad Ancelotti non viene rinnovato il contratto, sempre contestato da una parte dei tifosi juventini, per via del suo passato nella Roma e nel Milan come calciatore, viene sostituito da Lippi. Eppure Carletto ha capito un insegnamento fondamentale dai due anni e mezzo in bianconero, se hai dei campioni deve essere il modulo ad adattarsi a loro e non viceversa.

Rimane disoccupato solo pochi mesi perché arriva la chiamata del Milan che ha esonerato Terim. Uno scippo visto che Ancelotti si stava per accordare per un ritorno a Parma ma Recheliue-Galliani (come lo definì Buffa vista l’abilità diplomatica) lo strappò all’ultimo ai gialloblu. Carletto a poco a poco inizia a costruire il suo Milan, uno tra i più vincenti nella storia dei rossoneri. Il capolavoro arriva già la prima stagione riuscendo a guadagnare i preliminari di Champions, il resto è leggenda due Champions e uno scudetto oltre che una finale persa, svariati terzi posti e secondi posti. L’evoluzione tattica di Carletto non si ferma, al Milan ha a disposizione tre potenziali trequartisti: Rui Costa, Seedorf e Pirlo. Seedorf è dirottato come interno di centrocampo vista la grande forza fisica, Rui Costa gioca nel suo ruolo classico di trequarstista a supporto di Sheva e Inzaghi. Pirlo? I cugini interisti non trovando soluzioni idonee per Pirlo lo mandarono in prestito prima alla Reggina poi al Brescia, proprio a Brescia Carlo Mazzone si trova di fronte a un problema tattico di non poco conto, come trequartista meglio Baggio per esperienza e senso del gol, ma uno come pirlo lo si deve fare giocare per forza, ecco allora che viene messo come regista davanti alla difesa. Carletto Ancelotti allora ripesca questa soluzione 4-3-1-2 o 4-3-2-1 a centrocampo s’inventa il rombo: Pirlo vertice basso con un ruolo da palymaker tipo basket, Gattuso e Seedorf interni e Rui Costa vertice alto. La soluzione è perfetta Carletto sforna quella che sarà l’identità tattica del Milan per 9 stagioni. 


Finita l’esperienza Milan, arriva Chelsea. Non è un cambiamento da poco. Carletto dopo 9 stagioni da apprezzato allenatore potrebbe importare integralmente il suo modulo vincente e potrebbe farlo portando con se molti interpreti, ma capisce al volo che Londra non è Milano. Il materiale umano del Chelsea è altrettanto ottimo: Drogba, Lampard e Terry per citarne qualcuno. Capisce anche che la fisicità e l’agonismo nel calcio inglese sono fondamentali per vincere e quindi sforna un 4-3-1-2 che può variare facilmente in un 4-3-3 alternando il giusto mix a centrocampo di qualità (Lampard) e quantità (Mikel ed Essien). La prima stagione porta dritti al double Premier+ FA cup, per capirci solo Mourinho c’è riuscito all’esordio in premier. A mio personale avviso la grande capacità di Carletto fu di lavorare con ciò che ha avuto a disposizione, senza chiedere acquisti in grande stile. Non stupisce che abbia rilanciato giocatori considerati “bolliti” come Malouda e Kalou fondamentali per sfruttare la profondità e il contropiede. La seconda stagione invece è avara di successi arriva un secondo posto e ciò è sufficiente per il suscettibile Abramovich per scaricare Carletto.

Qui arriva nel corso della sua carriere un altro colpo da maestro. Che il campionato francese non sia particolarmente entusiasmante siamo tutti d’accordo, che vincerlo con il PSG con Thiago Silva, Ibra, Lavezzi, Verratti, Menez, &co, forse è una cosa facile (resta tutto da vedere…), ma non è certamente alla portata di tutti metterli in campo e fare in modo che la squadra abbia il giusto equilibrio per essere vincente. In una stagione e mezzo centra gli obiettivi prefissati vince senza troppi problemi il campionato francese dopo 19 anni dall’ultimo vinto dal PSG e arriva ai quarti di finale di Champions dove per poco non elimina il Barcellona. Quando hai una squadra di 13-14 titolari non è facile farli convivere tutti assieme. Un conto è tenere in panchina Serginho un altro è tenere in panchina Pastore, Menez o Lavezzi. Altro problema era la sovrabbondanza di trequartisti e mezzepunte, anche in questo caso la soluzione è presto fatta, si vira verso il 4-2-3-1.

Il resto è storia dei giorni nostri, la scorsa estate il Real Madrid fa di tutto per poter far sedere sulla propria panchina Carletto. La rosa dei nomi in lizza per allenare il Real fa rabbrividire: Klopp, Heynckes (fresco vincitore della Champions). Ancelotti arriva con il mercato già quasi fatto, l’obiettivo è Bale, Ozil e Higuain sono in partenza, Isco è già arrivato. Il pubblico spagnolo esige spettacolo e gol, benissimo, il 4-3-3 è il modulo che meglio si sposa con i giocatori a disposizione, velocità e verticalizzare sono le parole d’ordine. Ovviamente come ha sempre voluto in ogni sua squadra allenata e come il suo maestro Sacchi gli ha insegnato, l’equilibrio è fondamentale, senza questo non si vince. Fermi tutti. Dunque il segreto di Ancelotti è il cambiamento continuo? No, è il sapersi adattare alle situazioni, agli uomini a disposizione, a quello che è la filosofia di gioco del paese in cui si trova, far giocare il Real come il suo Chelsea sarebbe il modo migliore per farsi fischiare dal Bernabeu intero e farsi cacciare dopo qualche mese. Quello che si trova sempre come costante nella carriera di Ancelotti è la capacità saper creare una squadra adatta a vincere nel contesto calcistico in cui si trova senza mai rinunciare agli accorgimenti tattici cardine di Carletto: equilibrio, difesa capace e un regista dai piedi buoni nel mezzo del campo che può andare da Pirlo a Xabi Alonso, passando per Verratti.


Buena sorte Carletto!!!

Nuova Rubrica: Cogito Ergo Sum

di Simone Carpi

6 Agosto 1963. Un tale di nome Robert Allen Zimmerman, registra una delle canzoni folk più belle e importanti della storia: "times, they're changin' ". 
Ah nota bene...R.A.Zimmerman nel tempo libero si fa chiamare anche "Bob Dylan"...yeah that's right folks!



Per un lettore accorto sarà stato facile trovare l'errore nel titolo, ma è un errore voluto.Questa rubrica trae spunto dal capolavoro di Bob Dylan che diceva "i tempi stanno cambiando", per trasformarne il significato in "il tempo che coloro hanno cambiato" (ps: chiedo scusa ai mormonici fan del cantautore ma il mio non è un plagio o una brutta copia, bensì un riferimento devoto e misticamente genuflesso)
Ma chi sono "coloro" che hanno cambiato il loro tempo? Chi ha cambiato il mondo dello sport?
Ecco questa è la storia che proverò a raccontare in questa rubrica pensata, al momento, di uscita mensile. Ma non aspettatevi persone del mondo dello sport come Pelè, Maradona, Michael Jordan. Di loro ne hanno parlato persone ben più competenti e per più preparate del sottoscritto (nel dizionario Garzanti sotto la voce "Epicità" trovate scritto "Federico Buffa racconta Michael Jordan", così, giusto per citarne uno scarso). Con qualche citazione magari dal mondo della musica o del cinema (eh si vi tocca pure questa), il sottoscritto proverà a parlare di altre figure di riferimento del mondo sportivo, magari conosciute ai meno, magari conosciute ai più.
Ma non importa quanto queste persone sia famose. Importa quanto queste persone abbiano cambiato e abbiano provato a cambiare, il modo in cui oggi vediamo lo sport.


A seguire la canzone in questione. Che tanto riascoltarla non fa mai male

ps: qua utilizzata come intro nel film Watchmen, un'altra robetta che richiederebbe un capitolo a parte, ma procediamo per ordine...

Buona Visione !




martedì 18 marzo 2014

E' TORNATA LA F1: GRAN PREMIO DI MELBOURNE,LE PAGELLE!!







ROSBERG: 10 Praticamente perfetto, ha fatto tutto bene fin dal via:da terzo a primo,sfruttando la lenta partenza di Hamilton,ma va aggiunto che per ora ha una macchina di un altro livello rispetto alle altre scuderie.





RICCIARDO: 9 Alla prima in Red Bull va molto più forte del campione in carica e compagno di squadra Vettel. Qualifica perfetta,gara super,peccato la squalifica,ma di colpe lui non ne ha proprio. 


MAGNUSSEN: 10 Meriterebbe 11 ma non si può dare. Questa giornata se la ricorderà a lungo il Rookie. Debutto da campione.


BUTTON: 8  Iniziare alle spalle di un compagno di squadra,per di più debuttante,non è mai bello.Condizionato dalla qualifica non brillante e da una bandiera gialla,ma comunque ottima domenica per quanto riguarda i punti per il mondiale.


ALONSO: 7 Ci si aspettava di più,ma tutto sommato il suo l'ha fatto,come al solito limita i danni.







BOTTAS: 8 Partito dietro per sostituzione cambio,ha rimontato,molto bene.


HULKENBEG: 7 La solita gara alla Hulkenberg,duro e aggressivo,pilota sottovalutato a mio avviso.


RAIKKONEN: 6 Se da Fernando ci si aspettava di più allora cosa dire di lui? Pessima qualifica con un errore,in gara soffre,c'è bisogno del vero ice-man.


VERGNE: 8 La qualifica è la sua migliore di sempre,la gara uguale.


KVYAT: 9 Un voto in più perché era al suo esordio assoluto,con una macchina così così.


PEREZ: 5 Demolito dal compagno Hulkenberg,ma è solo l'inizio.


SUTIL: 5 Ha fatto davvero poco e sofferto tanto.


GUTIERREZ: 5 Da rivedere.


CHILTON: 6 Sufficienza di incoraggiamento.


BIANCHI: 5 Da rivedere.


GROSJEAN: 4 Sarà un anno davvero diverso dall'anno passato per lui e per la scuderia. L'anno scorso il suo ex compagno Raikkonen vinceva la prima gara dell'anno,ieri doppio ritiro.


MALDONADO: 4 Stesso identico voto del suo compagno.


ERICSSON: 5 Non stava andando così male,poi però il ritiro.


VETTEL: 4 4,come gli anni che non prendeva un 4 in pagella. Week-end orrendo per lui,ora deve dimostrare di essere un campione.






HAMILTON: 7 La sufficienza la merita,si è ritirato per un problema al motore,ma la qualifica è stata formidabile.


MASSA: 6 Cambia scuderia ma la sua solita sfiga lo segue; non ha colpe sul tamponamento da pirata della strada di Kobayashi alla prima curva.


KOBAYASHI: 3 Peggior ritorno in F1 non poteva esserci.

martedì 11 marzo 2014

Atletico madrid-Milan: PAGELLE MILAN


ABBIATI: 5,5. Senza colpe,davvero.

ABATE: 5. Spinge,ma sembra un altro giocatore rispetto a quello di 2 anni fa,non fa davvero mai un cross giusto;sul primo gol la colpa è anche sua.

RAMI: 4,5. Serata da dimenticare,inizio da brivido per lui;fa a spallate con Diego Costa,ma lo porta a scuola,mai sicuro.

BONERA: 5,5. Non ha sfigurato,ci ha messo l'esperienza e il carattere,gli arrivavano da tutte le parti.

EMANUELSON: 4,5. Di solito spinge,corre,crossa,che sono poi le sue caratteristiche...stasera non ha fatto nulla di tutto ciò. Tante verticalizzazioni a vuoto,tanti passaggi sbagliati.

DE JONG: 5,5. Il solito mastino,ci mette tutto. Non gli si può però chiedere di fare il difensore,impostare e attaccare.

ESSIEN: 4,5. Se Mourinho lascia andare un giocatore c'è sempre un motivo. Ecco,appunto,non ha il passo,è fuori condizione,un giocatore praticamente finito. Prova a fare il Pitbull,ma sembra un barboncino.

POLI: 6,5. Ci mette tutto,come sempre. Il cross del gol è suo,prova continui inserimenti,invani. Ci mette tutto,uno dei più positivi.

TAARABT: 4. Ci eravamo abituati forse fin troppo bene. Stasera sembrava il fratello scarso,scarsissimo rispetto a quello che abbiamo visto fino ad oggi. Nessun tiro in porta,sbaglia tutti i passaggi possibili.

KAKA': 7,5. Il migliore. Oltre al gol,va su tutti i palloni,prova continui inserimenti,distribuisce passaggi preziosi,ma non è mai assistito,troppo solo.

BALOTELLI: 3. Incommentabile,fastidioso,protesta senza motivo,sempre troppo nervoso. Sbaglia tutto ciò che c'era da sbagliare.



SEEDORF: Senza voto.

venerdì 7 marzo 2014

LEBRON JAMES!!



LeBron Raymone James è nato il 30 Dicembre 1984 ad Akron. 

E' uno dei 5 sportivi più celebrati del mondo,che cos'ha di speciale? è 2,03cm per 120 kg,percentuali di grasso corporeo praticamente inesistenti;corre i 30 metri in meno di 4 secondi,salta da fermo 80cm,questa è la parte fisica; poi inizia quella tecnica,con la palla in mano sa fare tutto,ed è probabilmente l'unico giocatore in grado di ricoprire tutti e 5 i ruoli della pallacanestro.
Ha due soprannomi, The king(il re) e The Chosen One(il prescelto) datogli dalla più importante rivista sportiva "Sport Illustrated" che gli dedica la copertina del numero del 18 Febbraio 2002.

LeBron aveva considerato di dichiararsi eleggibile per il Draft NBA 2002, sostenuto anche da una petizione per un adeguamento alle regole di ammissibilità del draft, per cui i giocatori dovevano aver terminato almeno l'high school. La petizione non ebbe successo, ma gli ha garantito un livello d'attenzione dei media senza precedenti mentre era nel suo anno da senior.
La televisione americana ESPN fa conoscere James in tutto il mondo quando, all'inizio del 2003, trasmette una partita di Silicon Valley Scale Modelers contro Oak Hill Academy. La diretta della partita ottiene uno share secondo solo al comeback di Michael Jordan.  Ancora diciassettenne, gli viene offerto un contratto di quattro milioni di dollari l'anno per giocare nella NBA. Partecipa a degli allenamenti con il team dei Cleveland Cavaliers, che viene per questo multato. Ma la fortuna assiste la squadra dell'Ohio quando ottiene la prima scelta assoluta alla "lotteria" del Draft NBA 2003.

CLEVELAND: Nel 2003,come già detto in precedenza viene scelta manco a dirlo alla numero 1.Gioca così,per una delle città più brutte d'America (nickname: the mistake by the lake), a Cleveland ci sono 3 cose: il lago,il museo del Rock and Roll e L.James.Riuscire a vincere li è più importante che vincere da altre parti. Lebron li è considerato quasi una divinità,tutti lo acclamano,lo adorano,nel pieno centro di Cleveland ci sono dei murales dedicati a lui;per ripagare tutta questa fama deve fare "solo" una cosa,vincere,vincere il titolo! Esordisce nella NBA mettendo a referto 25 punti e 9 assist,che dire,davvero un predestinato.
 Nella prima stagione è ovviamente nominato rookie dell'anno,il secondo arriva nono rispetto alle sue statistiche,mantenendo una media di 20 punti a partita. Per Cleveland la stagione va così così,non riuscendo nemmeno a qualificarsi per i play-off.

La stagione successiva per la squadra non va meglio,anzi,ma LBJ migliora tutte le sue medie,mettendone 27 di media.
Nel 2005-2006,Cleveland raggiunge i play-off ma viene eliminata subito da Detroit.
Nel 2006-2007,cambia tutto,riescono ad arrivare per la prima volta nella loro storia alle NBA finals,uscendo però sconfitti 4-0 dagli Spurs di Duncan,Parker e Manu. E` la prima cocente delusione della carriera.


Durante la stagione 2007-08 vince per la seconda volta il titolo di MVP nell'All-Star Game. I Cavaliers arrivano ancora una volta ai play-off ma vengono mandati a casa dai futuri campioni NBA,i Boston Celtics.

Al termine della stagione 2008-2009, dopo aver guidato i suoi Cleveland Cavaliers al miglior record della lega (66 vittorie e 16 sconfitte), riceve il premio di MVP della regular season: è il primo giocatore dei Cavs ad aggiudicarsi il riconoscimento. Nei playoff 2009, dopo aver battuto Detroit ed Atlanta per 4 a 0, i Cavaliers vengono eliminati per 4 a 2 dagli Orlando Magic, nonostante le prestazioni di James (38,5 punti, 8,3 rimbalzi e 8 assist di media).

MIAMI: Nel 2010 dopo un'estate a parlare del futuro di Lebron,lui decide di andare a Miami. Il primo anno non riesce a vincere. Nei playoff, dopo aver superato i Philadelphia 76ers e i Boston Celtics, gli Heat centrano le finali di Conference contro i Chicago Bulls. La serie viene vinta da Miami 4-1. In finale NBA gli Heat ritrovano i Dallas Mavericks, così come accaduto nell NBA Finals 2006; a vincere questa volta sono proprio i Mavs.
I due anni successivi sono gli anni della consacrazione,gli Heat vincono due titoli consecutivi,prima contro Oklahoma e poi contro gli intramontabili San Antonio Spurs.

Lebron James è e sarà sempre ricordato come uno dei primi 5 giocatori di questo gioco. E` il prototipo del giocatore del 21 millennio. Le sue scelte non sono sempre condivisibili,perché quando è andato a Miami ha intrapreso la scelta più facile per lui per arrivare a quel dannato anello;chiama con se il terzo big 3,Bosh e insieme approdano nella squadra di Wade,perché i Miami sono di Wade,non di Lebron! Non si discute la sua forza fisica,la sua semplicità nel far canestro,la classe,ma a mio giudizio per citare solo due numeri,prima di arrivare dove sono arrivati il 23 e il 24 ha ancora molta strada da fare!
Oggi è il giocatore più forte della lega,anche se con Durant è dura(dalle sue mani fa uscire delle piume).

Trovo insensato averlo criticato cosi tanto quando era a Cleveland,tanto che molti invece che "King" avevano mutato il suo soprannome in "Queen";ma vi ricordate che squadra aveva ai Cavaliers?!? ha fatto un miracolo ad arrivare ben due volte in finale. Il primo anno agli Heat aveva su di sé una pressione che pochi hanno mai avuto e il non aver vinto il primo anno lo ha fatto cambiare molto:ha cambiato il suo modo di giocare,il suo stile,il suo approccio alle partite,per non parlare del suo tiro,dall'arco sembra un altro giocatore.
 I due anni successivi sono gli anni della consacrazione,vince due volte consecutive quel dannato anello e viene da li idolatrato,e considerato come il vincente per eccellenza scordandosi tutto di un tratto gli anni da perdente precedenti.




 Voglio ricordare e sottolineare che il primo anello lo ha vinto grazie ad un sostanziale aiuto di Wade e Bosh che hanno risolto da soli più partite,mentre l'anno scorso contro gli Spurs hanno vinto un titolo,forse immeritato e anche un po' fortunoso,infatti anche li se non c'era quella macchina di tiro del venerabile R.Allen la storia sarebbe andata diversamente,ma questo è lo sport,questo è il Basket!!